La dimensione del tumore predice la sopravvivenza nello stadio IA del cancro al polmone non a piccole cellule

Discussione

L’attuale sistema di stadiazione del cancro al polmone riconosce chiaramente una differenza nella sopravvivenza tra i tumori < 3 cm e quelli > 3 cm. Questa distinzione è ben supportata da diversi studi retrospettivi che hanno dimostrato un vantaggio di sopravvivenza per i pazienti in stadio I con tumori T1 rispetto ai tumori T2. Tuttavia, ci sono prove contrastanti a sostegno dell’impatto delle dimensioni come determinante del risultato quando vengono considerati solo i tumori < di 3 cm. Questo problema ha importanti implicazioni per lo screening del cancro del polmone, così come per i futuri perfezionamenti del sistema di stadiazione del cancro del polmone. Se la sopravvivenza prevista di un tumore subcentimetrico non è diversa da quella di un tumore di 3 cm, la capacità della TAC (al contrario delle radiografie del torace) di rilevare queste piccole lesioni potrebbe non tradursi in un significativo beneficio di sopravvivenza.

Lo studio di Patz et al è il più grande studio fino ad oggi che ha esaminato la relazione tra dimensioni e risultati in pazienti con stadio patologico IA. Gli autori hanno analizzato la sopravvivenza di 510 pazienti con cancro al polmone in stadio patologico IA. Tutti i pazienti sono stati trattati in una singola istituzione per un periodo di 18 anni. Sorprendentemente, non è stata trovata alcuna correlazione tra le dimensioni del tumore e la sopravvivenza, indipendentemente dal fatto che le dimensioni fossero considerate come una variabile discreta o continua. Diverse variabili di confondimento possono spiegare questo risultato inaspettato. In primo luogo, la sopravvivenza complessiva dell’80% in questa serie era insolitamente alta. Dato il basso numero di decessi nella coorte di pazienti analizzati, lo studio potrebbe essere stato sottopotenziato per rilevare l’influenza delle dimensioni sulla sopravvivenza. Inoltre, è stata riportata la sopravvivenza globale piuttosto che quella specifica della malattia. Questo potrebbe aver ridotto ulteriormente la potenza dello studio per osservare una correlazione tra dimensioni e sopravvivenza, dato che fino alla metà dei decessi nel cancro del polmone in stadio IA sono dovuti a cause non correlate al cancro del polmone.

Al contrario, i nostri risultati suggeriscono un miglioramento della sopravvivenza per i pazienti con tumori ≤ 2 cm nello stadio IA. Con l’analisi Kaplan-Meier, la dimensione del tumore era un predittore significativo di mortalità complessiva (p = 0,03) e specifica per la malattia (p = 0,02). Tuttavia, la dimensione del tumore si è avvicinata ma non ha raggiunto la significatività statistica con l’analisi multivariata. Ciò è probabilmente dovuto al potere diminuito che è risultato dall’inclusione di quattro variabili indipendenti in un modello con solo 59 eventi in totale. Due osservazioni supportano questa ipotesi. In primo luogo, la potenza dello studio aumenta quando la dimensione è analizzata come una variabile continua piuttosto che discreta. Quando la dimensione è stata valutata in questo modo, il valore p è sceso a 0,09 (da 0,015) e l’IC si è spostato più a destra (95% CI, da 0,94 a 2,15). Inoltre, la potenza è aumentata esaminando la mortalità specifica della malattia piuttosto che quella complessiva. Quando questo è stato fatto, la dimensione del tumore era un predittore altamente significativo della sopravvivenza (p = 0,008).

Altri ricercatori hanno anche suggerito l’impatto della dimensione sulla sopravvivenza. Martini et al, in una revisione di 598 pazienti con tumori di stadio I, hanno dimostrato che le dimensioni hanno un impatto sulla sopravvivenza all’interno dello stadio IA; la sopravvivenza dei pazienti con lesioni < di 1 cm era significativamente maggiore rispetto a quelli i cui tumori erano tra 1 cm e 3 cm. Risultati simili sono riportati da Padilla et al. Questi autori hanno riportato un vantaggio di sopravvivenza statisticamente significativo per i pazienti con tumori di 2 cm. Anche se i nostri risultati danno supporto al concetto di screening, si dovrebbe esercitare una certa cautela nell’interpretare questi risultati. In primo luogo, i nostri dati sono essenzialmente dati di registro derivati da pazienti non inclusi in un rigoroso programma di screening e quindi non rappresentativi di una popolazione sottoposta a screening. In secondo luogo, anche se le dimensioni possono essere un fattore predittivo della sopravvivenza nello stadio IA, è ben riconosciuto che i piccoli tumori periferici possono già ospitare metastasi linfonodali occulte al momento della diagnosi, e quindi rappresentare una malattia in stadio avanzato nonostante le loro piccole dimensioni. Infatti, fino al 25% dei pazienti con carcinoma polmonare in stadio clinico IA si trova ad avere una malattia linfonodale al momento della resezione.

I dati preliminari, tuttavia, dai protocolli di screening suggeriscono che le lesioni più piccole sono suscettibili di rappresentare uno stadio precedente e una malattia potenzialmente più curabile. Dei 27 tumori rilevati nell’Early Lung Cancer Action Project, 22 erano allo stadio patologico IA; dei 15 tumori < di 1 cm, solo 2 sono risultati avere metastasi linfonodali. Inoltre, la propensione dei tumori a metastatizzare è probabilmente proporzionale alle loro dimensioni. Ishida et al hanno trovato l’incidenza di diffusione linfonodale al 38% per i tumori > 2 cm, il 17% per i tumori tra 1 cm e 2 cm, e quasi zero nelle lesioni < 1cm.

Questo studio fornisce un supporto preliminare alla teoria che le dimensioni possono essere correlate in qualche misura con la biologia e che le piccole lesioni rappresentano la malattia in fase iniziale. Fornisce una certa rassicurazione sul fatto che ci può essere una soglia di dimensioni al di sotto della quale il rischio di metastasi tumorali è minimo o ridotto. I nostri risultati suggeriscono anche che ci dovrebbe essere un ulteriore sottostadio delle lesioni di stadio IA con tumori < di 2 cm di dimensione contenuti in un sottostadio separato. Questo perfezionamento chiarirebbe meglio quali pazienti potrebbero beneficiare di nuovi interventi terapeutici adiuvanti o neoadiuvanti.