Volta (architettura)
DomeEdit
Tra i primi esempi conosciuti di qualsiasi forma di volta si trova il villaggio neolitico di Khirokitia a Cipro. Risalenti al 6000 a.C. circa, gli edifici circolari sostenevano volte a cupola a forma di alveare in mattoni di fango non cotti e rappresentano anche la prima prova di insediamenti con un piano superiore. Simili tombe ad alveare, chiamate tholoi, esistono a Creta e nell’Iraq settentrionale. La loro costruzione differisce da quella di Khirokitia in quanto la maggior parte appare parzialmente sepolta e prevede l’ingresso di un dromos.
L’inclusione di cupole, tuttavia, rappresenta un senso più ampio della parola volta. La distinzione tra i due è che una volta è essenzialmente un arco estruso nella terza dimensione, mentre una cupola è un arco ruotato intorno al suo asse verticale.
Volta a botte in mattoni spioventiModifica
Le volte in mattoni a spiovente prendono il nome dalla loro costruzione: i mattoni sono installati verticalmente (non radialmente) e sono appoggiati (inclinati) ad un angolo: Questo permette di completare la loro costruzione senza l’uso del centraggio. Esempi sono stati trovati in scavi archeologici in Mesopotamia risalenti al II e III millennio a.C., che erano incastonati in malta di gesso.
Volta a botteModifica
La volta a botte è la forma più semplice di una volta e assomiglia a una botte o a un tunnel tagliato a metà longitudinalmente. L’effetto è quello di una struttura composta da sezioni continue semicircolari o a punta.
I primi esempi conosciuti di volte a botte furono costruiti dai Sumeri, forse sotto la ziggurat di Nippur in Babilonia, che era costruita con mattoni cotti cementati con malta di argilla.
Le prime volte a botte nell’antico Egitto si pensa siano quelle nei granai costruiti dal faraone Ramesse II della XIX dinastia, le cui rovine sono dietro il Ramesseum, a Tebe. La campata era di 12 piedi (3,7 m) e la parte inferiore dell’arco era costruita in corsi orizzontali, fino a circa un terzo dell’altezza, e gli anelli superiori erano inclinati all’indietro con un leggero angolo, in modo che i mattoni di ogni anello, posati in piano, aderissero fino al completamento dell’anello, senza che fosse richiesto alcun tipo di centraggio; la volta così formata era a sezione ellittica, derivante dal metodo della sua costruzione. Un sistema simile di costruzione fu impiegato per la volta sopra la grande sala di Ctesifonte, dove il materiale impiegato era mattoni cotti o tegole di grandi dimensioni, cementati con malta; ma la campata era di quasi 83 piedi (25 m), e lo spessore della volta era di quasi 5 piedi (1,5 m) in cima, essendoci quattro anelli di mattoni.
I palazzi assiri usavano volte di mattoni, fatte con mattoni secchi, per porte, tombe sotterranee e scarichi. Durante il regno del re Sennacherib furono usati per costruire acquedotti, come quelli di Gerwan. Nella città provinciale Dūr-Katlimmu furono usati per creare piattaforme a volta. La tradizione della loro costruzione, tuttavia, sembrerebbe essere stata tramandata ai loro successori in Mesopotamia, cioè ai Sassani, che nei loro palazzi di Sarvestan e Firouzabad costruirono cupole di forma simile a quelle mostrate nelle sculture di Nimrud, con la differenza principale che, costruite in macerie e cementate con malta, esistono ancora, anche se probabilmente abbandonate con l’invasione islamica nel VII secolo.
In tutti i casi sopra citati in Sumer e in Egitto i mattoni, sia bruciati che essiccati al sole, erano della descrizione a cui il termine “tegola” sarebbe ora dato; le dimensioni variavano da 10 pollici (25 cm) a 20 pollici (51 cm) essendo generalmente quadrati e circa 2 pollici (5,1 cm) a 4 pollici (10 cm) di spessore, e non erano a forma di voussoir, il mezzo di collegamento essendo più spesso in alto che in basso. I primi esempi egiziani di voussoir regolari in pietra appartengono alla XXVI dinastia (circa 650 a.C.) nelle aggiunte fatte allora al tempio di Medinet Habu, e qui è probabile che sia stata fornita una centratura di qualche tipo, poiché le volte sono costruite ad anelli, in modo che la stessa centratura possa essere spostata dopo il completamento di ogni anello. Il primo esempio di voussoirs di forma regolare, e di circa la stessa data, si trova nella cloaca di Graviscae in Etruria, con una campata di circa 14 piedi (4,3 m), i cui voussoirs sono lunghi da 5 a 6 piedi (1,8 m). La cloaca maxima di Roma, costruita da Lucio Tarquinio Prisco (603 a.C.) per drenare il terreno paludoso tra il Palatino e il Campidoglio, fu, secondo il commendatore Boni, coperta da una volta nel I secolo a.C.; la volta era lunga più di 800 piedi (240 m), larga 10 piedi (3.
L’enorme Eyvan-e Khosro a Ctesifonte (vicino all’odierna Baghdad) fu costruito più di 1500 anni fa durante il periodo persiano sasanide come sala del trono. L’arco è alto circa 37 metri (121 ft), largo 26 metri (85 ft) e lungo 50 metri (160 ft), costruito interamente senza centraggio ed è stata la più grande volta costruita fino ai tempi moderni.
Volte a crocieraModifica
Finora, tutte le volte menzionate sono state volte a botte, che, quando non costruite sottoterra, richiedevano pareti continue di grande spessore per resistere alla loro spinta; Il primo esempio della varietà successiva, la volta a botte intersecante, si dice che sia sopra una piccola sala a Pergamo, in Asia Minore, ma il suo primo impiego su sale di grandi dimensioni è dovuto ai Romani. Quando due volte a botte semicircolari dello stesso diametro si incrociano, la loro intersezione (una vera ellisse) è conosciuta come una volta a crociera, lungo la quale la spinta della volta è portata alle pareti trasversali; se una serie di due o più volte a botte si intersecano, il peso è portato sui pilastri alla loro intersezione e la spinta è trasmessa alle pareti trasversali esterne; così nel serbatoio romano di Baiae, noto come Piscina Mirabilis, una serie di cinque navate con volte a botte semicircolari sono intersecate da dodici navate trasversali, le volte sono portate su 48 pilastri e spessi muri esterni. Essendo la larghezza di queste navate solo di circa 13 piedi (4,0 m) non c’erano grandi difficoltà nella costruzione di queste volte, ma nelle terme romane di Caracalla il tepidarium aveva una campata di 80 piedi (24 m), più del doppio di una cattedrale inglese, così che la sua costruzione sia dal punto di vista statico che economico era della massima importanza.Le ricerche di M. Choisy (L’Art de bâtir chez les Romains), basate su un minuzioso esame di quelle porzioni delle volte che rimangono ancora in situ, hanno dimostrato che, su una centratura relativamente leggera, consistente in capriate poste a circa 10 piedi (3.0 m) l’uno dall’altro e coperti con assi posate da capriata a capriata, furono posati – per cominciare – due strati di mattoni romani (che misuravano quasi 2 piedi (0,61 m) quadrati e spessi 2 pollici); su questi e sulle capriate furono costruiti anelli trasversali di mattoni con legami longitudinali ad intervalli; sugli strati di mattoni e incorporando gli anelli e i legami trasversali fu gettato cemento in strati orizzontali, le giunture essendo riempite in modo solido, e la superficie inclinata su entrambi i lati e coperta con un tetto di tegole a bassa pendenza posato direttamente sul cemento. Gli anelli alleviavano la centinatura dal peso imposto, e i due strati di mattoni portavano il calcestruzzo fino a quando non si era fissato.
Come i muri che portano queste volte erano anche costruiti in cemento con occasionali corsi di mattoni, l’intera struttura era omogenea. Uno degli ingredienti importanti della malta era un deposito vulcanico trovato vicino a Roma, noto come pozzolana, che, quando il calcestruzzo si era fissato, non solo rendeva il calcestruzzo solido come la roccia stessa, ma in una certa misura neutralizzava la spinta delle volte, che formavano gusci equivalenti a quelli di un coperchio di metallo; i Romani, tuttavia, non sembrano aver riconosciuto il valore di questa miscela di pozzolana, perché altrimenti provvedevano ampiamente a contrastare qualsiasi spinta che poteva esistere con l’erezione di muri trasversali e contrafforti. Nei tepidari delle Terme e nella basilica di Costantino, per portare la spinta ben all’interno delle mura, la volta a botte principale della sala era portata in avanti su ogni lato e poggiava su colonne staccate, che costituivano la principale decorazione architettonica. Nei casi in cui le volte a crociera che si intersecavano non avevano la stessa ampiezza di quelle della volta principale, gli archi erano o traballanti in modo che i loro intradossi fossero della stessa altezza, o formavano intersezioni più piccole nella parte inferiore della volta; in entrambi i casi, però, le intersezioni o gli incavi erano contorti, per cui era molto difficile formare una centratura, e, inoltre, erano di effetto sgradevole: anche se ogni tentativo fu fatto per mascherare questo nella decorazione della volta con pannelli e rilievi modellati in stucco.
La più ampia sala voltata dai Romani fu quella della sala del trono nel palazzo di Diocleziano sul Palatino, e questa aveva l’enorme campata di 100 piedi (30 m), essendo la sua spinta contrastata da altre sale su entrambi i lati con contrafforti esterni. Nelle città di provincia e in altre parti dell’Impero Romano, dove il materiale pozzolana non era procurabile, i Romani dovevano fidarsi della loro malta come mezzo di cementazione, ma questa, anche se eccellente nel suo genere, non era di sufficiente forza coesiva per permettere l’erezione di volte di più di circa 40 piedi (12 m) di luce, che erano generalmente costruite in muratura di macerie. Esistono ancora in Asia Minore e in Siria alcune sale a volta, generalmente attaccate alle terme, che sono portate su muri di grande spessore. C’erano molte varietà di volte romane, sia continue che intersecate, come quelle impiegate sopra i corridoi del Colosseo e del teatro di Marcello, ma in questi casi la molla della volta era sopra la sommità degli archi della facciata principale, così che non c’era intersezione; d’altra parte, sopra i corridoi erano o ellittiche o semicircolari, o sopra le scale che salivano a volta, tutte più difficili da costruire; Vi erano anche numerose soluzioni di volte su sale circolari, di cui quella del Pantheon è l’esempio più importante, avendo un diametro di 142 piedi (43 m), e sugli emicicli, che talvolta erano di grandi dimensioni; quella nota come Canopo nella villa di Adriano a Tivoli aveva un diametro di 75 piedi (23 m), ed era coperta con una serie di costole, tra le quali si alternavano ragnatele e celle rampanti piane e semicircolari; nella stessa villa e a Roma vi erano sale ottagonali con varie altre combinazioni di volte. Un altro tipo di volta non ancora menzionato è quello dell’arcata del Tabularium dove veniva impiegata la volta a chiostro. La fig. 3 confrontata con la fig. 2 mostrerà la differenza; nella prima gli angoli di intersezione sono inset, e nella seconda sono scanalature con angoli sporgenti alla base, che muoiono alla sommità.
Volta a costolaModifica
Si è fatto riferimento alla volta a costoloni nell’opera romana, dove le volte a botte intersecanti non erano dello stesso diametro. La loro costruzione deve essere stata sempre un po’ difficile, ma dove la volta a botte è stata portata sopra la navata del coro ed è stata intersecata (come a San Bartolomeo il Grande a Smithfield, Londra) da semiconi invece che da cilindri, è diventata peggiore e gli incavi più complicati. Questo sembrerebbe aver portato ad un cambiamento di sistema e all’introduzione di una nuova caratteristica, che rivoluzionò completamente la costruzione della volta. Fino a quel momento le intersezioni erano superfici geometriche, di cui i pennacchi diagonali erano le intersezioni, di forma ellittica, generalmente deboli nella costruzione e spesso tortuose. Il costruttore medievale invertì il processo, e mise prima le costole diagonali, che furono utilizzate come centri permanenti, e su queste portò la sua volta o rete, che d’ora in poi prese la sua forma dalle costole. Invece della curva ellittica che era data dall’intersezione di due volte a botte semicircolari, o cilindri, egli impiegava l’arco semicircolare per le costole diagonali; questo, tuttavia, sollevava il centro della volta a campata quadrata sopra il livello degli archi trasversali e delle costole del muro, e quindi dava l’aspetto di una cupola alla volta, come si può vedere nella navata di Sant’Ambrogio, Firenze. Per far fronte a questo, all’inizio i costoloni trasversali e i muri furono traballanti, o la parte superiore dei loro archi fu sollevata, come nell’Abbaye-aux-Hommes di Caen, e nell’Abbazia di Lessay, in Normandia. Il problema fu infine risolto con l’introduzione dell’arco a sesto acuto per le nervature trasversali e di parete – l’arco a sesto acuto era stato a lungo conosciuto e impiegato, a causa della sua forza molto maggiore e della minore spinta che esercitava sulle pareti. Quando si impiegava per i costoloni di una volta, per quanto stretta potesse essere la campata, adottando un arco a sesto acuto, la sua sommità poteva essere fatta coincidere in altezza con il costolone diagonale; e, inoltre, quando si utilizzava per i costoloni della volta anulare, come nella navata attorno alla terminazione absidale del coro, non era necessario che i mezzi costoloni del lato esterno fossero sullo stesso piano di quelli del lato interno; perché quando le costole opposte si incontravano al centro della volta anulare, la spinta era ugualmente trasmessa dall’una all’altra, ed essendo già un arco spezzato, il cambiamento della sua direzione non si notava.
La prima introduzione della costoletta a sesto acuto ebbe luogo nella cattedrale di Cefalù e precedette l’abbazia di Saint-Denis. Mentre l’arco a sesto acuto è spesso visto come un identificatore dell’architettura gotica, Cefalù è una cattedrale romanica i cui muratori sperimentarono la possibilità del costolone gotico prima che fosse ampiamente adottato dall’architettura ecclesiastica occidentale. Oltre alla cattedrale di Cefalù, l’introduzione della costola a sesto acuto sembrerebbe aver avuto luogo nelle navate del coro dell’abbazia di Saint-Denis, vicino a Parigi, costruita dall’abate Suger nel 1135. Fu nella chiesa di Vezelay (1140) che fu estesa alla campata quadrata del portico. Prima di entrare nella questione della rete o dell’involucro di pietra della volta portato sulle costole, si deve notare lo sviluppo precedente delle grandi volte che venivano gettate sopra le navate di una cattedrale o di una chiesa, prima dell’introduzione della costola dell’arco a sesto acuto. Come è stato sottolineato, le navate laterali erano già state coperte nelle prime chiese cristiane con volte a crociera, l’unico progresso fatto negli sviluppi successivi fu l’introduzione di costole trasversali che dividevano le campate in compartimenti quadrati; ma quando nel XII secolo furono fatti i primi tentativi di coprire le navate, si presentò un’altra difficoltà, perché queste ultime erano larghe il doppio delle navate laterali, così che divenne necessario includere due campate delle navate laterali per formare una campata quadrata nella navata. Questo era uno spazio immenso da coprire con la volta, e inoltre, ne seguiva che ogni pilastro alternato non serviva a nulla, per quanto riguarda il sostegno della volta della navata centrale, e questo sembrerebbe aver suggerito un’alternativa, cioè fornire una costola supplementare attraverso la chiesa e tra le costole trasversali. Questo ha portato a ciò che è noto come una volta sessopartita, o a sei cellule, di cui uno dei primi esempi si trova nell’Abbaye-aux-Hommes (S. Etienne) a Caen. Questa chiesa, costruita da Guglielmo il Conquistatore, fu originariamente costruita per portare solo un tetto di legno, ma quasi un secolo dopo la parte superiore delle pareti della navata fu parzialmente ricostruita, in modo che potesse essere coperta con una volta. Le immense dimensioni, tuttavia, della volta quadrata sopra la navata centrale necessitavano di qualche supporto aggiuntivo, così che una costola intermedia fu gettata attraverso la chiesa, dividendo il vano quadrato in sei celle, e chiamata volta sessopartita questa fu adottata nelle cattedrali di Sens (1170), Laon (1195), Noyon (1190), Parigi (1223-1235), e Bourges (1250). La costola intermedia, tuttavia, aveva lo svantaggio di oscurare parzialmente un lato delle finestre del cleristorio, e gettava pesi ineguali sui pilastri alternati, così che nella cattedrale di Soissons (1205) fu introdotta una volta quadripartita o a quattro celle, la larghezza di ogni campata essendo la metà della campata della navata, e corrispondente quindi ai pilastri della navata. A questo ci sono alcune eccezioni, in Sant’Ambrogio, Milano, e San Michele, Pavia (la volta originale), e nelle cattedrali di Spira, Magonza e Worms, dove le volte quadripartite sono quasi quadrate, i pilastri intermedi delle navate laterali sono di dimensioni molto più piccole. In Inghilterra le volte sessopartite esistono a Canterbury (1175) (stabilite da Guglielmo di Sens), Rochester (1200), Lincoln (1215), Durham (transetto est), e la cappella di St. Faith, Abbazia di Westminster.
Nella prima fase della volta a costoloni, le costole dell’arco consistevano in voussoir indipendenti o separati fino all’imposta; la difficoltà, comunque, di lavorare le costole separatamente ha portato ad altri due importanti cambiamenti: (1) la parte inferiore della diagonale trasversale e le costole del muro erano tutte lavorate da un’unica pietra; e (2) l’orizzontale inferiore, che costituisce ciò che è noto come tas-de-charge o solido springer. Il tas-de-charge, o solido springer, aveva due vantaggi: (1) permetteva ai corsi di pietra di correre dritti attraverso il muro, in modo da legare molto meglio l’insieme; e (2) riduceva la campata della volta, che allora richiedeva un centraggio di dimensioni minori. Non appena le costole erano completate, la rete o il guscio di pietra della volta era posato su di esse. In alcuni lavori inglesi ogni corso di pietra era di altezza uniforme da un lato all’altro; ma, poiché la costola diagonale era più lunga della costola trasversale o del muro, i corsi si abbassavano verso la prima, e all’apice della volta erano tagliati per adattarsi l’uno all’altro. Nel primo periodo gotico inglese, in conseguenza della grande ampiezza della volta e del lievissimo aumento o curvatura della rete, si pensò che fosse meglio semplificare la costruzione della rete introducendo costole intermedie tra la costola del muro e la diagonale e tra la diagonale e le costole trasversali; e per soddisfare la spinta di queste costole intermedie era necessaria una costola di colmo, e il prolungamento di questa costola alla costola del muro nascondeva la giunzione della rete al vertice, che non era sempre molto visibile, e costituiva la costola di colmo. In Francia, invece, i corsi di tela erano sempre disposti orizzontalmente, e sono quindi di altezza disuguale, aumentando verso la costola diagonale. Ad ogni corso è stato dato anche un leggero aumento al centro, in modo da aumentare la sua forza; questo ha permesso ai muratori francesi di fare a meno della costola intermedia, che non è stata introdotta da loro fino al XV secolo, e poi più come una caratteristica decorativa che costruttiva, come la forma a cupola data alla rete francese ha reso inutile la costola di colmo, che, con alcune poche eccezioni, esiste solo in Inghilterra. Sia nelle volte inglesi che in quelle francesi, il centraggio era raramente richiesto per la costruzione della rete, essendo un modello (Fr. cerce) impiegato per sostenere le pietre di ogni anello fino al suo completamento. In Italia, Germania e Spagna fu adottato il metodo francese di costruzione della rete, con corsi orizzontali e una forma a cupola. A volte, nel caso di compartimenti relativamente stretti, e più in particolare nei clerestini, la costola del muro è stata appesa, e questo ha causato una particolare torsione della rete, dove il molleggio della costola del muro è a K: a queste superfici contorte è stato dato il termine di volta a vomere.
Uno dei primi esempi dell’introduzione della nervatura intermedia si trova nella navata della cattedrale di Lincoln, e lì la nervatura di colmo non è portata alla nervatura della parete. Si scoprì presto, tuttavia, che la costruzione della rete era molto facilitata da costole aggiuntive, e di conseguenza ci fu una tendenza ad aumentare il loro numero, così che nella navata della Cattedrale di Exeter tre costole intermedie furono fornite tra la costola del muro e la costola diagonale. Per mascherare la giunzione delle varie costole, le loro intersezioni erano ornate da bugnature riccamente intagliate, e questa pratica aumentò con l’introduzione di un’altra breve costola, conosciuta come lierne, un termine dato in Francia alla costola di colmo. Le costole Lierne sono costole corte che si incrociano tra le costole principali, e furono impiegate principalmente come elementi decorativi, come, per esempio, nella Liebfrauenkirche (1482) di Mühlacker, in Germania. Uno dei migliori esempi di costole di Lierna esiste nella volta del bovindo di Crosby Hall, Londra. La tendenza ad aumentare il numero delle costole portò a risultati singolari in alcuni casi, come nel coro della Cattedrale di Gloucester, dove le ordinarie costole diagonali diventano semplici modanature ornamentali sulla superficie di una volta a botte intersecata a punta, e ancora nei chiostri, dove l’introduzione della volta a ventaglio, che forma un conoide concavo, tornò ai principi della volta geometrica romana. Ciò è ulteriormente dimostrato nella costruzione di queste volte a ventaglio, perché sebbene nei primi esempi ciascuna delle costole sopra il tas-de-charge era una caratteristica indipendente, alla fine si trovò più facile intagliarle e la rete nella pietra solida, così che la costola e la rete erano puramente decorative e non avevano funzioni costruttive o indipendenti.
Volta a ventaglioModifica
La volta a ventaglio sembra aver dovuto la sua origine all’impiego di centraggi di una sola curva per tutte le costole, invece di avere centraggi separati per la parete trasversale, diagonale e le costole intermedie; fu facilitata anche dall’introduzione dell’arco a quattro centri, perché la parte inferiore dell’arco formava parte del ventaglio, o conoide, e la parte superiore poteva essere estesa a piacere con un raggio maggiore attraverso la volta. La versione più semplice è quella che si trova nei chiostri della cattedrale di Gloucester, dove i ventagli si incontrano alla sommità, così che ci sono solo piccoli scomparti tra i ventagli da riempire. Negli esempi successivi, come nella Cappella del King’s College di Cambridge, a causa delle grandi dimensioni della volta, fu necessario introdurre delle nervature trasversali, necessarie per dare maggiore resistenza. Simili nervature trasversali si trovano nella cappella di Enrico VII e nella Divinity School di Oxford, dove si è presentato un nuovo sviluppo. Uno dei difetti della volta a ventaglio a Gloucester è l’apparenza che dà di essere mezzo affondata nel muro; per rimediare a questo, nei due edifici appena citati, il conoide completo è staccato e trattato come un pendente.