Spartacus Educational
(Fonte 2) John Guy, Tudor England (1986)
Thomas Cromwell convinse un re riluttante a cercare il matrimonio con una nobildonna tedesca per negoziare un’alleanza con la Lega protestante di Schmalkalden. Il risultato fu un trattato, firmato a Hampton Court nell’ottobre 1539, tra Enrico VIII e il duca Guglielmo di Cleves. Tuttavia Enrico sposò Anna di Cleves sotto protesta (6 gennaio 1540); la carriera di Cromwell era in bilico.
(Fonte 3) Nicholas Wotton, rapporto a Thomas Cromwell (marzo 1539)
Lei (Anna di Cleves) occupa il suo tempo soprattutto con l’ago… Sa leggere e scrivere la sua lingua, ma di francese, latino o altre lingue non ne ha nessuna… non sa cantare, né suonare alcuno strumento, perché qui in Germania considerano un rimprovero e un’occasione di leggerezza che le grandi signore siano istruite o abbiano qualche conoscenza della musica.
(Fonte 4) David Loades, Le sei mogli di Enrico VIII (2007)
Dominata dalla madre dalla mentalità forte ed estremamente conservatrice, Anna di Cleves non aveva ricevuto un’educazione degna di questo nome, essendo principalmente addestrata alla modestia del pensiero e dell’espressione… l’unico risultato per il quale era nota era il lavoro da bambina… Anna non sapeva cantare né suonare alcuno strumento musicale. Sapeva ballare, ma il suo repertorio era limitato a quelle misure tradizionali tedesche che sua madre aveva considerato apparentemente…. Sapeva parlare e leggere solo il basso tedesco, e se aveva delle qualità intellettuali, non le era mai stato permesso di apparire.
Nulla di tutto ciò avrebbe avuto importanza se fosse stata una bellezza sorprendente, ma purtroppo la povera ragazza non possedeva nemmeno questa qualità… Quando Enrico mandò, come era sua abitudine, degli inviati ad ispezionare la signora, questa apparve così avvolta che ben poco si poteva vedere del suo viso o del suo corpo, una situazione che fu indegnamente difesa dai suoi tutori a causa della sua modestia.
(Fonte 5) Kelly Hart, The Mistresses of Henry VIII (2009)
Enrico VIII parlava correntemente diverse lingue e la maggior parte delle principesse europee avrebbe potuto comunicare con lui almeno in latino; ma Anna parlava solo il suo tedesco. Inoltre non aveva nessuna delle abilità sociali così apprezzate alla corte inglese: non sapeva suonare uno strumento musicale o cantare – veniva da una cultura che guardava dall’alto in basso le feste sfarzose e la spensieratezza che erano parte integrante della corte di re Enrico. Eppure nulla di tutto ciò avrebbe avuto importanza se il suo aspetto fosse piaciuto al re. Divenne presto ovvio che non era così.
(Fonte 6) Retha M. Warnicke, Anne of Cleves : Oxford Dictionary of National Biography (2004-2014)
In marzo, Nicholas Wotton e Richard Beard iniziarono i negoziati a Cleves ma furono frustrati dalle tattiche di stallo di Guglielmo, che stava ancora cercando di conciliare l’imperatore. Alla fine dell’estate gli ambasciatori avevano ottenuto il successo, e Hans Holbein il giovane fu incaricato di dipingere un ritratto di Anna, che Wotton giurò essere una rappresentazione fedele di lei. Molti contemporanei, incluso Wotton, lodarono la sua bellezza. Il primo scrittore a ridicolizzarla come una “cavalla di Fiandra” e ad insistere che Holbein l’aveva lusingata fu il vescovo Gilbert Burnet, scrivendo alla fine del XVII secolo.
(Fonte 8) Alison Weir, The Six Wives of Henry VIII (2007)
Anne sorride pudicamente da una cornice d’avorio intagliata per ricordare una rosa Tudor. La sua carnagione è chiara, il suo sguardo fermo, il suo viso delicatamente attraente. Indossa un copricapo in stile olandese che le nasconde i capelli e un abito con un corpetto pesantemente ingioiellato. Tutto nel ritratto di Anna proclamava la sua dignità, educazione e virtù, e quando Enrico VIII lo vide, decise subito che quella era la donna che voleva sposare.
(Fonte 9) Helen Langdon, Holbein (1976)
Holbein fu messo in una posizione impossibile: inviato a Düren con l’ordine di produrre un ritratto immediato della prossima sposa di Enrico VIII, doveva esercitare diplomazia e tatto… In effetti, il vestito di Anna sembra averlo affascinato più della simmetria stranamente senza vita dei suoi lineamenti. Il dispiacere di Enrico nel trovare Anna di Cleves più simile a una “grassa cavalla di fiandra” quando arrivò per la cerimonia di matrimonio nel gennaio 1540 costò a Holbein un caro prestigio, e non ricevette altri lavori importanti da questo quartiere.
(Fonte 10) Derek Wilson, Hans Holbein: Portrait of an Unknown Man (1996)
Anne di Cleves… era piacevole, senza talento, ingenua, grumosa… casalinga forse, ma certamente non bella… Come doveva (Holbein) rappresentare questa verità in pittura? La semplicità era stata la tecnica appropriata con la duchessa di Milano. Holbein aveva deliberatamente concentrato l’attenzione sul viso e sulle mani; aveva lasciato che la bellezza della ragazza parlasse da sola. Con Anna di Cleves… era necessario esattamente il contrario. Holbein non voleva, non osava, migliorare la natura. Tutto quello che poteva fare era distogliere l’attenzione dai lineamenti sfruttando al massimo i gioielli, gli elaborati abiti di corte e i copricapi tempestati di gemme…
Holbein impiegò la tempera su pergamena, che incollò sulla tela una volta giunto a Londra… Se mai l’artista era nervoso per la ricezione di un ritratto, doveva essere particolarmente ansioso per questo… Doveva fare il possibile per suonare una nota di prudenza. Questo significava che era obbligato ad esprimere i suoi dubbi nel dipinto. Se studiamo il ritratto di Anna di Cleves siamo colpiti da una stranezza di composizione. Questo è il ritratto più “quadrato” che Holbein abbia mai dipinto. Tutto in esso è perfettamente bilanciato: potrebbe quasi essere uno studio di simmetria – tranne che per le fasce gioiello sulla gonna di Anna. Quella alla sua sinistra non è completata da un’altra a destra. Inoltre, la sua mano destra e la caduta della sotto-manica sinistra attirano l’attenzione sulla discrepanza. Questo manda un segnale allo spettatore che, nonostante l’elaboratezza del costume, c’è qualcosa che non va, una certa goffaggine… Holbein intendeva dare la più ampia allusione che osava al re. Enrico non avrebbe chiesto la sua opinione sulla sua futura sposa, e il pittore non poteva certo azzardare. Perciò comunicò una verità sgradevole attraverso la sua arte. Non poteva fare di più.
(Fonte 11) David Starkey, Six Wives: The Queens of Henry VIII (2003)
Holbein, contrariamente alla leggenda, non sembra aver lusingato Anna. Invece, il suo dipinto e il ritratto a penna di Wotton sono tutti uguali. Entrambi mettono in evidenza il carattere gentile e passivo della donna… Ma, in ogni caso, a questo punto Enrico era quasi oltre il rimandare. Perché si era innamorato, non come prima di un volto, ma di un’idea. E i suoi sentimenti erano alimentati, non con immagini, ma con parole. Per tutta l’estate Cromwell e i suoi agenti gli avevano detto che Anna – la bella, la gentile, la buona e la gentile – era la donna per lui. Alla fine era arrivato a crederci. Solo la vista della donna stessa avrebbe potuto rompere l’incantesimo.
(Fonte 12) Antonia Fraser, Le sei mogli di Enrico VIII (1992)
Sir Anthony Browne disse che dal momento in cui lui (Enrico VIII) posò gli occhi su Lady Anna, fu immediatamente colpito dallo sgomento… Il commento importante fu quello fatto dal re a Cromwell dopo aver lasciato Lady Anna. “Non mi piace”, disse Enrico VIII.
Si deve ora porre la questione di ciò che il re vide, rispetto a ciò che si aspettava di vedere: ci fu un inganno e se sì da chi? Ci sono dopo tutto un certo numero di candidati, non solo Holbein, ma gli agenti inglesi e gli inviati all’estero. Prendiamo prima l’aspetto reale di Anna di Cleves: per questo siamo fortunati ad avere una descrizione di prima mano, scritta solo pochi giorni dopo dall’ambasciatore francese, Charles de Marillac, che non aveva pregiudizi in nessuna delle due direzioni, verso la sua bellezza o la sua bruttezza. Anna di Cleves aveva circa trent’anni, scrisse (in realtà ne aveva ventiquattro), alta e magra, “di media bellezza, con un viso determinato e risoluto”. La signora non era così bella come la gente aveva affermato, né così giovane (naturalmente si sbagliava su questo), ma c’era una “fermezza di propositi nel suo volto per contrastare la sua mancanza di bellezza”. Questo a sua volta sembra adattarsi bene all’attento riferimento di Christopher Mont alla “gravità del suo viso” che andava così bene con la sua naturale modestia.
La “figlia di Cleves” era solenne, o comunque lo era per gli standard inglesi, e sembrava vecchia per la sua età. Era solenne perché non era stata addestrata ad essere altro e le mode tedesche facevano poco per dare un’impressione di fascino giovanile in una corte innamorata come sempre delle cose francesi, o che comunque le associava al divertimento e alla gioia. Sebbene Enrico VIII non abbia mai realmente “giurato che gli avessero portato una cavalla delle Fiandre”, la storia apocrifa riassume, come spesso fanno le storie apocrife, il profondo divario culturale tra le due corti di Cleves e d’Inghilterra. Passando al quadro di Holbein, si trova questa solennità ben catturata: un critico potrebbe infatti definirla stolidità. Inoltre Nicholas Wotton, nella sua relazione, aveva confermato che Holbein, generalmente considerato come il maestro del “vivace” o del realistico (non del lusinghiero) ai suoi tempi, aveva davvero catturato molto bene l'”immagine” di Anna.
Ovviamente una bella giovane donna, per quanto stolida o mal vestita, sarebbe stata comunque accettabile. Anna di Cleves non era bella, e quei resoconti che dichiaravano che lo era erano esagerazioni egregie nell’interesse dei diplomatici – in questo senso, gli inviati sono i veri colpevoli, non il pittore. Ma Anna di Cleves era davvero orribile? Holbein, dipingendola a tutto tondo, come si usava, non la rende tale all’occhio moderno, con la sua fronte alta, gli occhi spalancati, le palpebre pesanti e il mento appuntito. Ci sono prove indirette che Anna di Cleves aveva un aspetto perfettamente piacevole dagli ultimi anni di Enrico VIII. Quando Chapuys riportò che Anna di Cleves giudicò la sua contemporanea, Catherine Parr, “neanche lontanamente bella” come lei, questo esperto osservatore non scelse di contraddirla, così che il vanto era presumibilmente vero, o almeno abbastanza vero da non essere ridicolo…
C’è poi la questione della carnagione di Anna di Cleves. Può darsi che questo fosse un problema: le proteste dei suoi stessi funzionari sui danni di un lungo viaggio in mare possono essere state un modo delicato di gestire la cosa. Quando il re gridò ai suoi cortigiani che era stato male informato – tra l’altro da loro, dato che l’avevano vista a Calais – l’unica spiegazione che poté essere balbettata fu che la sua pelle era effettivamente più “marrone” di quanto ci si aspettasse… l’ideale contemporaneo era di essere “bianco puro”.
Anche tenendo conto di tutto questo ci rimane qualcosa di misterioso nell’intero episodio, e la pura immediatezza della delusione del re (seguita dalla sua indignazione – che tuttavia non fu mai diretta a Holbein). La spiegazione deve quindi risiedere in qualcosa di altrettanto misterioso, la natura dell’attrazione erotica. Il re si aspettava una bella sposa giovane, e il ritardo aveva solo contribuito al suo desiderio. Ha visto qualcuno che, per dirla in modo crudo, non gli ha suscitato alcuna eccitazione erotica. E abbracci più intimi lo attendevano: o erano programmati per farlo.